L’autoaffermazione delle donne nello sport è ancora difficile
Elisa ci racconta la sua esperienza nel workshop “The future is Equal” sul tema donne e sport.

Sabato 5 giugno Margherita e Alice, Balon Mundial adidas Champions hanno condotto il primo workshop in campo “The future is Equal”, incentrato sul tema donne e sport.
Giocando a calcio, ma non solo, tutti e tutte le partecipanti hanno potuto esplorare quali difficoltà ogni donna affronta per poter accedere al mondo dello sport, in tutti i suoi livelli: come giocatrice, allenatrice o dirigente.
L’evento, organizzato presso l’impianto sportivo Cit Turin, nasce dalla collaborazione tra Balon Mundial e il Polo del ‘900 all’interno del cartello di eventi “Sfide Sconfinate – lo sport che cambia il mondo“, per portare i dibattiti sulla storia dello sport e sui suoi impatti sociali dai libri al campo.
Abbiamo chiesto a Elisa, insegnante, ma soprattutto in campo con noi il 5 giugno, di raccontarci la sua esperienza in campo.
Come mai hai deciso di iscriverti al workshop?
Mi era capitato di giocare a calcio da adolescente in modo amatoriale e due anni fa ho ripreso con un gruppo di amiche, ma l’esperienza si era interrotta, così ho colto l’occasione per riprendere le scarpe da calcio ai piedi. Inoltre ero curiosa dell’iniziativa.
Quale era la tua conoscenza sul gender gap nello sport?
Avevo un’idea vaga, più che altro formatasi sull‘esperienza personale e sulla mia sensibilità rispetto alle più generali discriminazioni di genere, niente numeri né statistiche. Lavorando nelle scuole, ad esempio, osservo come le bambine si dedichino meno dei bambini allo sport e si sentano meno coinvolte nel tifo e questo perché gli sport più diffusi e seguiti ancora oggi, ad esempio il calcio e la pallacanestro, sono appannaggio mediatico degli uomini.
Personalmente hai mai avuto una esperienza di gender gap o discriminazione di genere nello sport?
L’ho avuta nella forma di mancate occasioni di praticare uno sport di gruppo anche in età adulta, nella disabitudine a considerare lo sport come parte integrante del mio benessere. Guardando retroattivamente, nella mia adolescenza ho subito il condizionamento della famiglia nella scelta di non continuare a praticare uno sport a livello agonistico, la ginnastica ritmica, per prediligere lo studio scolastico e di uno strumento musicale, mentre devo riconoscere che ho sempre provato entusiasmo nell’uso sportivo del corpo.
Cosa ti porti a casa nella tua vita quotidiana dopo il workshop?
Sicuramente una maggiore consapevolezza delle difficoltà che le donne hanno nell’autoaffermarsi nello sport, ad esempio, nell’occupare ruoli dirigenziale e dunque nel trasformare questa esperienza in un’attività lavorativa.
Prossimo appuntamento con il workshop “The future is Equal” sabato 26 giugno.
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