Bike Ride – Stories “buttare il cuore oltre l’ostacolo” – intervista a Cinzia Massa
Terzo appuntamento con la nostra rubrica Bike Ride – Stories!
Oggi vi presentiamo l’intervista a Cinzia che ci racconta del suo progetto di genitorialità intrapreso con Anna nel 2003. Abbiamo incontrato Cinzia nella tappa veneta del nostro progetto Bike Ride e le abbiamo chiesto di parlarci di alcune barriere incontrate durante la loro esperienza genitoriale. Cinzia è inoltre tra i/le prim* soc* dell’associazione “Famiglia Arcobaleno”.
Mi chiamo Cinzia ed ho 50 anni e sono tra i soci fondatori dell’associazione “Famiglia Arcobaleno”.
Insegno economia aziendale e attualmente collaboro con un’associazione che si chiama “Blimunde – sguardi di donne su salute e medicina”.
Con quest’ultima facciamo progetti sull’eguaglianza di genere, inclusione ed aiuto alle donne per difendersi dalla violenza. Anche a livello famigliare siamo molto sensibili alle tematiche di inclusione.
Parlaci del tuo progetto di genitorialità, quali barriere hai incontrato?
“18 anni fa, nel 2003, è iniziato il progetto di genitorialità mio e di Anna, sono stata con Anna dal 2000 fino al 2011.
Nel 2003 c’erano tantissime barriere, ad esempio noi non conoscevamo alcuna famiglia con due mamme o due papà. Abbiamo cercato su internet, sui forum finchè abbiamo trovato una ventina di donne iscritte su un blog, alcune già madri ma la maggior parte come noi, in procinto di iniziare un progetto famigliare.
La domanda più comune era “dove rimanere incinta?” Certo, si poteva andare in una discoteca in Romagna, ma nell’ambito di un progetto familiare si è cercata una strada consapevole e comune di due persone che decidono di avere un figlio.
Abbiamo quindi deciso di andare in Danimarca e scegliere un donatore anonimo.
Perchè la Danimarca? E’ stato il primo paese a dare il voto alle donne, ad approvare il matrimonio omosessuale e perchè volevamo come DNA di appartenenza dei nostri figli quello di un popolo aperto, all’avanguardia e democratico in modo profondo e radicato.
Un’altra barriera che abbiamo incontrato è stata domandarci se la società fosse pronta ad accogliere una persona nata da due madri. D’altronde in Italia non c’è ancora il matrimonio egualitario e ci sono ancora molte offese sul fatto di essere omosessuali. Ci siamo quindi chieste se fosse corretto far vivere ad un bambino tutte le battaglie che stavamo vivendo noi.
Da genitore è normale che ci ponga in un’ottica di forte protezione nei confronti dei figli.
Siamo in grado di reggere in questa società? Siamo in grado di proteggere i nostri figli?
Da tutte queste domande che ci siamo poste è nata “Famiglia Arcobaleno”. Noi siamo state tra i soci fondatori. Ci siamo a lungo interrogate su quali fossero gli obiettivi di quest’associazione ed uno di questi è stato appunto quello di rompere le barriere.”
In quale modo avete superato queste barriere?
Il fatto di interrogarsi assiduamente è poi stato risolto dopo circa un anno in maniera molto semplice. Abbiamo pensato che non fosse necessario farsi tutte quelle domande esistenziali, d’altronde due genitori eterosessuali escono fuori a cena, si bevono una bottiglia di vino in due e quella sera concepiscono un figlio, generalmente non si pongono tutte queste domande. Quindi ci siamo imposte un po’ di leggerezza e abbiamo deciso di buttare il cuore oltre l’ostacolo, perchè si sa, ci vuole sempre un po’ di incoscienza nel fare figli.
Devo dire che alla fine le barriere erano più mentali che non effettivamente reali perchè quando ci siamo trovate in ospedale a partorire, nei corsi preparto, all’asilo nido, alla scuola elementare a contatto con le famiglie e maestre è stato tutto molto più facile di quanto non pensassimo.
Un’altra grande barriera è stata quella riguardante le istituzioni.
I bambini hanno lo stesso DNA donatore, ma Riccardo è stato partorito da me e Luce da Anna. Questo ha comportato che, per la legge italiana, risultassimo due madri single. Questo ha implicato per anni la necessità di deleghe per andare a prendere i figli a scuola o prassi in ospedale ecc..
Quattro anni fa il sindaco, attraverso il comune di Milano, ci ha concesso il riconoscimento legale dei figli partoriti dall’altra e adesso siamo genitori a tutti gli effetti.
Cosa ne pensi della tematica lgbt in ambito sportivo?
L’argomento “sport” non è tanto nelle mie corde, quello che posso dirvi è che a parer mio lo sport ha l’enorme limite di essere tuttora categorizzato in sport “da maschi” e sport “da femmine”.
Credo quindi che parlare di inclusione in ambito sportivo sia assolutamente importante e necessario così come parlare di differenza di genere, tematiche lgbtquia+ e di libertà di espressione. Credo inoltre che ci sia molto lavoro da fare ancora.
Un’altra maniera efficace per superare le barriere è la visibilità. Il solo fatto di sollecitare nelle persone una riflessione, inizia a provocare un cambiamento nella società. (è un po’ come quando si lancia un sasso nel lago e ci sono le onde di propagazione). Bisognerebbe quindi dire alle persone sportive di iniziare a dichiararsi, che non succederà niente e che sarà più semplice del previsto.
Vi lascio con un messaggio di speranza. La mia esperienza mi ha portata a pensare che è stato più difficile a dirsi che a farsi.
È quindi importante, nello sport così come in tanti altri ambiti, che qualcuno inizi a portare messaggi e consapevolezza, come fate voi di Balon Mundial. Sono fortemente convinta che la conoscenza, la diffusione, la cultura sia il nostro potere.
“Bike Ride – The future is equal” è un’iniziativa resa possibile da adidas Breaking Barriers project
Un progetto di adidas, streetfootballworld e women win per supportare lo sviluppo dello sport femminile.
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