La Serie A raccontata da Balon Mundial: Ibrahimovic – Lukaku, è tutto sbagliato
Il Covid ha cambiato tutto e anche il calcio si deve adeguare
E’ tutto sbagliato e non ci piace. Non é il calcio che ci piace, é violenza verbale che in un attimo può degenerare in altro, come è successo tra Ibrahimovic e Lukaku.
Insultare e provocare un avversario durante una partita ,in gergo tecnico si chiama trash talking, nel professionismo assume quasi il grado di strategia di campo per far perdere la concentrazione e i nervi agli avversari. L’Italia ci ha praticamente vinto un Mondiale (Materazzi – Zidane, ricordate?).
È diffuso? Si, a tutti i livelli, anche nei dilettanti.
È giusto utilizzarlo? Non é fair play, non é giocare in modo corretto, quindi per noi no. Non è qualcosa che insegneremmo ai giovani ed è qualcosa che cercheremmo di bloccare in campo a una nostra squadra.
Come tutto é un fenomeno complesso ma il trash talking ha un aspetto preoccupante: può degenerare. In violenza fisica o superare i confini dell’insulto e arrivare anche a forme di discriminazione (che ricordiamo oltre a essere spregevole è anche un reato).
Ci sarebbe un’attenuante, la regola aurea del calcio: quello che accade in campo e negli spogliatoi rimane in campo e negli spogliatoi.
Però è una regola che vale sempre di più all’aumentare del professionismo. Perché in una partita di dilettanti, in cui giocatori e giocatrici sono lavoratori, lavoratrici, studenti e studentesse una parola di troppo potrebbe sollevare situazioni personali che un dilettante, che non è affiancato da mental coach, potrebbe non saper gestire e quindi superare il confine e degenerando nei comportamenti.
I professionisti hanno forse qualche attenuante in più: sono, dovrebbero, essere mentalmente pronti allo stress; nella maggior parte dei casi fanno parte di un inner circle, insomma si conoscono tutti e tutte ed è difficile che la situazione esca fuori dal campo. Infine, non ultimo, fino a prima del Covid le azioni verbali in campo rimanevano in campo. Il tifo ovattava le comunicazioni, a mala pena si sentivano in campo la urla dei coach, figuriamoci quello che le persone in campo si sussurravano o dicevano a distanza ravvicinata.
Ma da qualche mese a questa parte il pubblico non c’è più. Sentiamo tutto. Vediamo quasi tutto. È oggettivamente un problema per chi è in campo: bestemmie , insulti, arrivano fino a casa.
“Vorremmo ricordare che i professionisti e le professioniste dello sport sono personaggi pubblici imitati dai giovani.”
Permettere o non condannare in modo aperto i comportamenti come quelli di Lukaku e Ibrahimovic è un fatto educativo.
Se il regolamento non può punire chi si comporta in tale modo si dovrebbe intervenire con altri modi.
In Premier League per chi è accusato di un caso di discriminazione esiste un programma di educazione. In Italia attendiamo che “l’Osservatorio contro le discriminazioni nello Sport” avvii il suo lavoro (ne scrivevamo qui). Promuoviamo buone pratiche anche tra ai professionisti per fare in modo che siano campioni veramente.
Ps: lo diciamo alla fine ma per noi è scontato. Ibrahimovic andava punito per le sue frasi discriminatorie nei confronti di Lukaku. Una volta forse poteva rimanere una rissa verbale in campo di cui avremmo visto solo le tristi reazioni fisiche. Oggi è stato un climax che è passato da insulti a discriminazioni in modo pubblico, non più una questione privata di campo. E la dimensione pubblico- provato fa la differenza.
E possiamo credere che la storia di Ibrahimovic possa essere di una persona lontana da avere pensieri razzisti, ma le sue parole sono da condannare, perché sono sbagliate.